Per Orion il 2016 è nato nel segno della rivoluzionaria innovazione di Jobs, la vetrina che supera gli schemi del passato per migliorare il lavoro quotidiano dei professionisti di tutto il mondo. Quale occasione migliore per riflettere sulla filosofia della nostra azienda, conoscere le sue origini e riallacciare il filo con il passato? Per questo motivo abbiamo coinvolto in un’intervista l’Ing. Claudio Bocchini, il fondatore di Orion. Con lui abbiamo parlato della nostra storia (sia umana che tecnologica) e di innovazione. Ecco cosa ci ha raccontato: buona lettura!
Buongiorno Ing. Bocchini. Quali sono le origini della nostra azienda?
Ho fondato l’azienda nel Marzo del 1963 insieme a mio padre Amerigo e mio fratello Augusto: all’epoca avevo 24 anni ed ero appena rientrato da Torino, dove avevo studiato al Politecnico, laureandomi in Ingegneria con specializzazione in Termotecnica. La sede originaria era in pieno centro a Jesi, proprio sotto casa della mia famiglia. Dopo qualche anno, quando il lavoro cominciava ad aumentare, ci siamo spostati a Monsano, dato che a Jesi non esisteva ancora l’area industriale. Abbiamo iniziato costruendo banchi frigoriferi per bar, siamo passati in poco tempo a progettare e arredare locali “chiavi in mano”. Anno dopo anno, l’azienda è cresciuta e si è evoluta. Ricordo con piacere la prima grande commessa, realizzata alla fine degli anni ‘60: tre punti ristoro per la stazione di Torino Porta Nuova. Una commessa dell’importo di 130 milioni di lire dell’epoca, una cifra enorme per un solo progetto. Fu un lavoro davvero complesso: prevedeva anche la realizzazione delle opere murarie, degli infissi, degli impianti elettrici e dell’arredamento. Una bella sfida, affrontata con successo.
A livello di Mercato, Competenze e Territorio, qual era il contesto in cui si muoveva la vostra azienda?
La nostra era un’attività senza barriere all’ingresso: erano pochissime le aziende che operavano nel nostro stesso settore. E poi nell’Italia del dopoguerra c’era davvero bisogno di tutto: le iniziative imprenditoriali, erano necessarie per il rilancio del tessuto industriale del Paese. La mia famiglia possedeva un discreto bagaglio di conoscenze e competenze: mio padre Amerigo, infatti, era un stimato agente di commercio e fra i diversi prodotti che trattava c’erano anche i banchi frigoriferi. Alla crescita e al successo della nostra azienda ha contribuito notevolmente la predisposizione naturale del nostro territorio verso l’imprenditorialità. Jesi, infatti, è sempre stata una città industriale: non a caso la chiamavano la Piccola Milano. I primi stabilimenti per la filatura della seta e del cotone furono impiantati nel ‘700, seguiti poi nell’800 dalle prime fabbriche metalmeccaniche: chi non ricorda le macchine agricole della SIMA, oggi acquisita dall’americana Caterpillar? Insomma, Jesi era terreno fertile per chi voleva di darsi da fare e raggiungere un sogno imprenditoriale.
Se le chiedessimo di individuare l’innovazione più importante della nostra azienda, cosa ci risponderebbe?
Dal punto di vista tecnologico la risposta è ovvia: siamo stati tra i primi a creare il banco refrigerato in cui si riuscisse a mantenere e a mostrare prodotti a una temperatura inferiore allo zero, quella che oggi chiamiamo comunemente “vetrina gelato”. Negli anni ‘50, esistevano solo i pozzetti, con tutti gli svantaggi che si porta dietro quel tipo di conservazione. Tuttavia, credo che la più grande innovazione della nostra azienda sia stata l’approccio con il quale ci siamo rivolti al mondo della gelateria. Abbiamo capito prima di tutti che l’acquisto del gelato era di natura emozionale, impulsiva: così abbiamo fatto di tutto per riuscire a mostrarlo alle persone e soprattutto ai bambini, ai quali la visione del gelato era negata nelle altissime vetrine del tempo. Abbiamo supportato ed esaltato il mestiere dei maestri gelatieri di tutto il mondo e, cosa più importante, li abbiamo aiutati a vendere. Non è stata una sfida semplice da vincere, sia a livello tecnico che culturale, ma ce l’abbiamo fatta. More and more replica watches for sale for men.
Grazie mille Ing. Bocchini. Prima di salutarla, vorremmo chiederle di curare una rubrica sul nostro sito, in cui raccontare le tappe più significative del lungo viaggio di Orion.
Lo farò molto volentieri, solo chi conosce la propria storia, umana e tecnologica, può innovare davvero.