Nessuno vorrà mai rinunciare ad un buon gelato
Ma artigiani e imprenditori dovranno farsi trovare pronti
Carlo Meo è tra i massimi esperti internazionali di comportamenti di acquisto e di concepting di retail esperenziale. È stato intervistato per Orion da Cristiano Carriero, storyteller ed esperto di local marketing.
Ciao Carlo, grazie per la disponibilità. Come se la passa il settore della gelateria?
Iniziamo con una buona notizia: il settore della gelateria, rispetto ad altri settori del food, è favorito. E lo dico per una serie di aspetti: sia psicologici che di consumo, ma anche di operation rispetto al punto vendita. L’aspetto psicologico è che – ovviamente – andando verso la bella stagione e verso un calo della curva dei contagi, presto verrà voglia di uscire di casa, chiaramente compatibilmente con i decreti…
E so per certo che uno dei più grandi desideri degli italiani è quello di mangiarsi un buon gelato, me lo confermi?
La semplicità e il valore simbolico del gelato sono da sempre molto importanti, e di conseguenza lo saranno ancora di più a questo giro: rispetto ad entrare in un locale o ristorante, che forse non ha un dehors oppure è molto affollato, l’idea di prendere un gelato, mangiarselo per strada o portarselo via aiuta psicologicamente, come ti dicevo.
Inoltre, se ci pensi, la gelateria è già in qualche modo strutturata per andare incontro alle regole. Tu ti metti in coda alla cassa, hai un banco che divide il cliente dall’operatore, sono già rispettate le distanze perché di solito, almeno in gran parte delle gelaterie, il prodotto si consuma in strada, di fronte al mare o dove vuoi.
Per chi ha una gelateria con posti a sedere, invece?
Chiaro che per questa tipologia di locale, o la gelateria che è una parte di un concetto più ampio come la caffetteria o la pasticceria, si apre il tema della gestione tavoli. Nei primi tempi diminuire il numero dei posti a sedere è una scelta obbligata, ma non per forza negativa. Intanto bisognerà ragionare sulla creazione di “percorsi” all’interno del locale: intendo percorsi che accompagnano il consumatore dalla scelta dei gusti alla cassa e poi ancora al dehors o ai tavoli. Tutte cose che potranno tornare utili, a livello di visual merchandising, anche ad emergenza conclusa.
Il tema dell’asporto invece? Lo consideri un punto su cui lavorare?
Assolutamente sì, a maggior ragione perché come ti dicevo, si tratta di un prodotto dal grande valore simbolico. Il discorso vale sia per le grandi città che hanno un servizio di delivery strutturato (come Just Eat o Deliveroo), che però fa perdere inevitabilmente marginalità, sia per i piccoli centri in cui è possibile organizzarsi in proprio un servizio di delivery, che può rilevarsi un fattore molto importante.
Se ci pensi, nel nostro paese, il servizio a domicilio è sempre esistito. Si portava a casa il latte e il pane, nei piccoli centri i negozi di alimentari conoscevano i nomi e i cognomi dei loro clienti. Non è
escluso che si ritornerà a questo tipo di rapporto.
Mi sembra di capire che in generale il quadro non è poi così negativo per il business.
No, te lo confermo. La gelateria è un esercizio commerciale che può addirittura segnare un più sul fatturato. Ovvio che dovrà adeguarsi, dovrà formarsi, dovrà pensare out of the box. Dovrà creare delle norme di distanziamento, creare delle code ordinate alla cassa, avere un sistema di comunicazione con i clienti, in cui i clienti vengono rassicurati che siano applicate le norme, e che la qualità del gelato è garantita. Insomma instaurare un sistema di dialogo e di relazione costante con il cliente.
Cambierà il rapporto del pubblico con il bancone del gelato?
Il bancone è già pensato per tenere una distanza adeguata, ma sicuramente non potremo vedere persone accalcate sulla vetrina per la scelta dei gusti. Sarà ancora più importante la garanzia e lo storytelling del brand che dice “io faccio un gelato migliore del mio concorrente”! Vedo delle grandi opportunità di racconto dello storytelling, appunto: devi aiutare le persone a scegliere, dialogare di più con i clienti per spiegare i gusti, devi pensare ad un sistema di comunicazione dove, rispetto alla distanza, vedi i cartelli più grandi. So che sei esperto della materia e sai di che parlo. Ora più che mai “mostrare” diventa essenziale, almeno quanto vedere.
Mi sembra imprescindibile una formazione sul tema, per gli addetti ai lavori. Mi sembra il giusto momento per farlo.
Pensa ad altri business: il rito del caffè al banco è da dimenticare per un po’, così come gli aperitivi. Un’azienda leader dovrà presentarsi dai baristi, suoi clienti, e dire: “guarda io ho lavorato su delle linee guida, ti do dei suggerimenti”. Questo deve accadere anche con le gelaterie e con tutti i quei luoghi in cui la comunicazione accompagnerà la logistica, l’innovazione e il profitto.
Pensi che ci “starbuckizzeremo”?
Inevitabilmente. Cambieranno abitudini di scelta e di consumo. Dovremo diventare più abili a dialogare, e comunicare sicurezza, igiene, pulizia. L’artigiano dovrà fare ancora un passo in più verso l’imprenditore. Che sa scegliere e formarsi, magari è disposto a spendere qualcosa in più per la comunicazione e per delle vetrine che garantiscano tutto ciò che ci siamo detti. Gli italiani saranno sicuramente meno ricchi, ma nessuno vorrà rinunciare ad uno sfizio come un gelato sul mare o una birra davanti ad un tramonto. Mai.